In occasione dell’imminente Festa della Donna, la capitana della Roma Elisa Bartoli ha concesso un’intervista al portale ‘AGI’. In questa prima parte, la giocatrice descrive cosa rappresenta per lei l’8 marzo e ricorda i suoi trascorsi, per poi condividere un parere più generale sul movimento del calcio femminile in Italia ad oggi. Riportiamo di seguito un estratto delle sue dichiarazioni: “L’8 marzo può essere un momento per promuovere campagne di solidarietà, ricordandoci che ci sono ancora tante battaglie da portare avanti. Serve anche a celebrare tutte le battaglie che le donne hanno portato avanti nel tempo e che ci hanno permesso di essere qui oggi, più libere e indipendenti rispetto a prima. Negli ultimi anni sempre più bambine si iscrivono nelle scuole calcio, questo anche perché il calcio per fortuna non è più visto come uno sport solo per maschi e quindi la bimba che gioca non è più una mosca bianca, per fortuna. Mi sono sentita dare del maschiaccio ma io non ho mai dato importanza a queste chiacchiere perché giocare a calcio mi faceva stare bene, era ciò che amavo. Vorrei dire a tutte le bambine che si sentono discriminate di non abbandonare mai i propri sogni e ciò che amano”.
“Il passaggio al professionismo in Serie A è arrivato dopo tanti anni di battaglie da parte delle calciatrici e sicuramente non deve essere visto come un punto di arrivo, perché sono tanti gli aspetti ancora migliorabili. E parlo anche di questioni da risolvere anche per tante altre discipline: perché gli sport femminili in Italia non sono ancora riconosciuti come professionistici? C’è ancora molta strada da fare, non solo nel calcio purtroppo. Nelle stagioni passate sono cresciuta con compagne che dovevano anche lavorare e quindi ci si allenava la sera tardi; questo purtroppo abbassava sia il livello che l’intensità del gioco. Sarebbe bello se ogni calciatrice potesse avere una tranquillità economica per dedicarsi completamente a questo lavoro”.
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