Ultima parte dell’intervista a Irene Dominici, gioiellino del Riccione. La squadra romagnola doveva essere una delle protagoniste del campionato di Serie C, girone C. Invece è partita con il freno a mano tirato.
“Una cosa però è certa: questo Riccione non può retrocedere. La rosa è di grande valore”.
Serve un cambio di passo.
“Noi siamo diventate un bel gruppo fuori dal campo. Ma in partita ancora non abbiamo trovato la giusta identità tattica. Abbiamo bisogno ancora di un pò di tempo. Ma, alla fine, i nostri veri valori verranno fuori. Ne sono sicura”.
Ci sono delle figure simbolo nel gruppo?
“Sonia Meletti, il nostro portiere di riserva, ha quasi quarant’anni eppure è un punto di riferimento prezioso per tutte noi. E poi c’é il nostro capitano, Sara Perone, gioca in mezzo al campo. E’ giovane però ha già tanta esperienza a questi livelli”.
Come è nata la tua passione per il calcio?
“Già a tre anni ho chiesto a mamma Nicoletta di portarmi a giocare a pallone. Lei mi disse che ero troppo piccola. Però poi ha soddisfatto il mio desiderio. Probabilmente pensava che dopo due o tre allenamenti avrei cambiato idea. Invece eccomi qua. Da bambina giocavo con i maschi. Mi prendevamo in giro. Per fortuna, il mio amico Diego mi ha sempre difeso. Ricordo una sua frase che è passata alla storia: “E’ una bambina ma è più forte di noi maschietti”.
Da piccola sei diventata tifosa della Juve.
“Anche se mio zio era interista. E sono stata conquistata da Del Piero. Sarebbe un sogno poterlo conoscere”.
Oltre al pallone c’é anche lo studio.
“Sto facendo l’Università, esattamente Giurispudenza.Indirizzo tributario”.
Brava in campo e una vera cervellona sui libri.
TCF (3 – fine)
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