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Carolina Morace: “Festeggiando l’8 marzo dimostriamo di essere indietro, avere due donne alla guida di partiti politici è un segnale positivo”

Morace

10 Marzo 2023 - 11:45

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Carolina Morace, leggenda del nostro calcio femminile oggi opinionista e allenatrice, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di ‘Agi.it’, parlando della giornata mondiale della donna e della crescita di figure femminile anche dentro la politica italiana. Queste le sue considerazioni: “Festeggiare l’8 marzo? Ma no, ogni giorno andrebbe festeggiato, in altri Paesi non si fa, non serve. Così facendo dimostriamo di essere indietro. Oggi abbiamo due donne brave alla guida dei maggiori partiti e questo aiuta. Ho vissuto per diverso tempo all’estero, in Canada e in Australia e non ho mai trovato questo tipo di ricorrenza. Non serve. Lì non ci sono le spiagge o i bar per gay. Si vive normalmente senza distinzioni. Ma l’Italia non riesce a venirne fuori. Siamo indietro, c’è poco da fare, e non è questione di nord o sud, ma proprio di cultura. Perché diventi una normalità, non c’è bisogno del giorno specifico, è una questione di rispetto.”

“Avere due donne alla guida di partiti politici è una condizione che può essere di grande aiuto. Anche perché si tratta di due donne molto preparate. Per cui questo è davvero un segnale positivo. Certo, se non fossero state brave non avrebbero potuto aiutare la causa ma loro, anche se qualcuno magari la pensa diversamente, sono due donne davvero molto in gamba.”

“I ragazzi hanno ragione a criticare, però l’Italia geograficamente è unita da poco tempo,  per cui ci sono delle differenze marcate tra una ragione e l’altra, fra un modo di pensare e l’altro anche se, e lo sottolineo,  non è questione di Nord e sud. Diciamo più che altro che ci sono delle fasce di persone provenienti da qualsiasi ambiente sociale, prigioniere di retaggi culturali. Un grande problema  è poi quello dell’uso del linguaggio. Ancora  oggi si usano parole che non andrebbero proferite.  Ad esempio, si dice persona di colore, nero. Ricordo  che quando andavo a vedere le partite con mia moglie in Australia, mi capitava di dire: ‘guarda che forte quella calciatrice nera!’ Ma nel tempo mi sono accorta che lei, se doveva sottolineare la bravura di una atleta in campo, non la indicava mai in base alla pelle quanto piuttosto se non la conosceva, con il colore degli scarpini, dei capelli, il numero di maglia e  mai con riferimento al colore della pelle. E se la conosceva, usava il nome. Io avrei potuto trincerarmi dietro la fatidica frase: ‘ma io non sono razzista, sto scherzando, sono italiana e gli italiani scherzano”. Ecco no, non va bene. Il problema del linguaggio c’è, è reale e le parole vanno usate bene. La lingua è il sentire culturale di una società, le parole sono importanti.”

TCF (1 – segue)